Eyewitness
Photoetchings – Fotoincisioni
Barbara Madsen espone a Venezia i suoi “testimoni oculari”, opere che, come spiega l’artista stessa, vogliono indagare la “complessità psicologica della nostra esistenza in relazione alle atrocità commesse nella nostra stessa cultura e società”: rispetto a ciò che avviene attorno a noi, infatti, spesso siamo contemporaneamente vittime e testimoni, e ciò ci obbliga a condurre vite separate, spesso in contrasto tra loro”. Tale ricerca porta Barbara a creare una numerosa serie di eliografie spesso inquietanti, che sembrano osservarci con quei grandi occhi a volte tristi, a volte ironici e ammiccanti, a volte attoniti. Con oggetti di recupero (tappi, fil di ferro, pezzetti di plastica appositamente modellati) e bulbi oculari, appartenenti alla collezione dell’artista, vengono costruiti dei volti stilizzati, ma non per questo poco umani: anzi, proprio questa loro stilizzazione suscita nello spettatore un senso di disagio e di straniamento. Con una grande macchina ottica Barbara li fotografa ed il negativo così ottenuto viene ingrandito con la tecnica tradizionale, nella camera oscura, fino a raggiungere le dimensioni volute per la stampa finale. Viene in seguito esposto alla luce con una speciale gelatina fotosensibile, che così impressionata viene fatta aderire ad un piatto di rame poi inciso grazie ad una serie di soluzioni di ossido di ferro di diversa viscosità. Infine, la lastra così preparata è utilizzata come matrice per le immagini, che vengono stampate con i tradizionali procedimenti. La tecnica della gelatina fotosensibile è stata scoperta da Henry-Fox Talbot attorno al 1850, ed è stata resa popolare negli Stati Uniti da Alfred Stieglitz, che la usò moltissimo tra il 1903 ed il 1917, e da Edwin Curtis, famoso per i suoi ritratti degli Indiani d’America (1907-1915). Assieme ai “testimoni” di Barbara saranno visibili alla Scuola Internazionale di Grafica gli “Oggetti curiosi” di Kathryn Reeves.
Nicoletta Consentino