Maria Lai
TRACCE DI UN DIO DISTRATTO
29 maggio – 21 giugno, 2013
Inaugurazione: mercoledì 29 maggio, ore 18:00
La Nuova Galleria Morone in collaborazione con la VAF-STIFTUNG Foundation e con la Scuola Internazionale di Grafica, in occasione della 55° Biennale di Venezia, presenta “Tracce di un dio distratto”, una mostra di Maria Lai, curata da Manuela Gandini.
La personale, dedicata all’artista sarda recentemente scomparsa all’età di 93 anni, propone alcuni tra i suoi più importanti lavori già presentati, a febbraio, in esclusiva a Milano dalla Nuova Galleria Morone.
Nata nel 1919 a Ulassai (Ogliastra) l‘artista è stata allieva di Arturo Martini e Alberto Viani all’Accademia di Belle Arti di Venezia. In tempi nei quali le donne non viaggiavano e non godevano della credibilità del sistema dell’arte, Lai sperimenta nuovi materiali, s’addentra nella poesia della terra e crea mondi fatti di stoffe, di fili, di pane, di legno, di tela.
Dagli gli anni Sessanta in poi riscuote grandi successi, ma li rifiuta. Verso la fine degli anni Ottanta torna in Sardegna per liberarsi dalla mondanità. Ha bisogno di spazio, di vento, di pietre e solitudine. Il suo lavoro si nutre di legami ancestrali con l’isola e di una inesauribile “ansia di infinito”.
“L’uomo – scrive Maria – ha bisogno di mettere insieme il visibile e l’invisibile perciò elabora fiabe miti, leggende, feste, canti, arte”. Partendo dalla semplicità delle cose, sentendo i battiti del pianeta, l’artista tesse geografie che si sfilacciano, planisferi bui pieni di stelle, mondi sopra e sotto di noi con meridiani e paralleli che disorientano e rimangono incompiuti come la vita.
Crea libri di stoffa, nei quali sono scritte parole illeggibili, con fili che si intricano ed escono come cascate dalle pagine, oppure illustra, con leggerezza e dedizione, leggende sepolte nell’inconscio collettivo facendole rifiorire. A Ulassai realizza opere ambientali, di land art, con l’obiettivo di legare il quotidiano all’Universo e l’asprezza del territorio alla dolcezza della poesia, perciò – tra le altre opere – trasforma una scarpata in una superficie fatta di frammenti specchianti che portano il cielo in terra.
Suo padre le soleva dire: “sei una capretta ansiosa di precipizi”. Usando la tradizione femminile sarda del cucito, del telaio, della famiglia, delle storie delle janas (le fate), Lai sovverte i punti di vista, non è addomesticabile e, con garbo, rovescia le convenzioni riflettendosi ogni giorno nella vastità dell’altrove.
Curatrice: Manuela Gandini
Direzione artistica: Diego Viapiana; Volker W. Feierabend