Michele Böhm
Isocromatiche Elusioni del Tempo
Dal 17 novembre al 1° dicembre 2017
Inaugurazione: venerdì 17 novembre, ore 18:00
Proiezione di "Isocromando" (Michele Böhm 2017 - durata 19'17")
Le nove stampe a colori di questa mostra (e un video) perturbano le certezze dell’osservatore, invitano a interrogarsi non solo sui soggetti – ritratti, sculture, una natura morta – ma, mutando l’immagine al variare della distanza, sul processo stesso della visione umana.
L’ immagine digitale interroga se stessa: l’analisi delle forme ripercorre la matrice di pixel sottesa a ogni immagine restituendo ipnotiche Isòcrome che trasformano i soggetti: tessiture deterministiche, stoffe crudeli, ne trascendono la familiarità, evocando circuiti stampati dei microchip, per trasmutarsi in ricami psichedelici e computati arabeschi.
Le bitmap da analizzare vengono “smontate” in una serie di poligoni regolarizzati, trasformati poi in liste di forme concentriche o spiraliformi dette appunto Isocrome. Esse sono determinate dalla connessione di colori “simili” nella tessitura digitale e ricompongono una immagine il cui grado di realismo dipende dalla distanza dell’osservatore.
Ogni immagine dischiude all’occhio infiniti mondi, ricompresi tra la polarità di un realismo non fotografico che, da lontano restituisce familiari figure ritratte (incluse due fotogrammetrie 3D) e la polarità isocromatica che, avvicinando lo sguardo, genera ipnotici, labirintici universi.
Lo studio sotteso alle tavole presentate riguarda una ultradecennale ricerca nell’ambito della “machine vision”. Si ispira all’idea di un occhio elettronico che non sia solo strumento di analisi della forma delle immagini per estrarne l’informazione saliente (come nell’analisi operata dai sistemi per l’identificazione biometrica delle persone quali il riconoscimento dell’iride), ma inedita sintesi espressiva che perturba gli assiomi stessi della visione umana.
Riunite da una riconoscibile e originale cifra stilistica, le tavole a colori rivelano un ventaglio di stili, le cui possibilità variano al variare dei parametri dell’immagine. La natura vettoriale delle Isòcrome permette infatti una regolazione fine di spessori, stilizzazioni, sfondi, colori, punti… un immenso repertorio espressivo che evoca la molteplicità dei preziosi potenziali.
Una natura morta fa il verso alla lunga tradizione pittorica da un banco ortofrutticolo, irride e inquieta nel richiamarsi alle relazioni uomo – natura, in un orizzonte antropico-tecnologico generale che di norma la elìde.
La figura maschile di In Cordusio, un cardinal Borromeo statuario, le due sculture femminili di Lucchesìa si affermano nel dettaglio di architetture e paesaggi urbani comuni, per trascendere la quotidianità degli sfondi, senza mai completamente oscurare quell’interrogativo che dalla muta pietra rinvia a quell’umanità a monte che dovette precederla.
Lo stesso foto(grammetrico)realismo di Moreno e Andrea pare quasi invocare, inaudito elettronico, la tradizione pittorica del tardo manierismo di un David. Se la ripresa fotogrammetrica nasce e si sviluppa come strumento di visione geometrica in cartografia e architettura, applicata qui alla figura umana in primo piano, offre un beffardo monito che allude alla necessità di un rovesciamento prospettico nei rapporti già consolidati con ogni tecnologia.
Tuttavia se in Moreno lo sfondo va quasi a nero lasciando solo intuire una materica presenza resa semi-invisibile in senso pittorico, con Andrea si ha insieme inversione e scissione. La fotogrammetria è qui grafismo che impone la propria esistenza pittorica e potenzialmente scultorea (dato che nell’astrazione numerica della macchina la figura esiste come modello geometrico tridimensionale, che una stampante 3D saprebbe restituirci come scultura). Mentre le isocrome cessano di totalizzare lo sguardo per operare come contrografismo.
Non vuoto, bensì altro pieno: sfondo urbano e celeste che oppone alla rassicurante e consueta vista di una calle veneziana, l’inquietudine nostra innanzi all’irreversibile liquefarsi di cielo e architettura, come trasformate dalla pressione di irrimediabili mutamenti. Non più solo quelli dovuti al naturale decorso di un tempo vorace che infine ingoia ogni cosa, ma anche – non meno irredimibili e forse anche più incomprensibili – quelli di un’era, la nostra, nata già nel segno dell’inconcepibile. Inconcepibile concepito, come il plutonio, inconcepibile già accaduto, e nondimeno rimosso e incompreso, come il nocciolo dei reattori condannati ab aeterno al melt-down a Fukushima.
Eppure, nonostante inversioni e scissioni, l’immagine rimane unitaria, sostenuta dallo sguardo impenetrabile di Andrea che innanzi a tanto catastrofico scenario liquefatto, risponde, glaciale, con inevitabile, durissima, umana fermezza.
Sguardi, espressioni, lineamenti nei volti di un microcosmo colto nell’intimità dello sguardo d’autore rinviano così ai cambiamenti intercorsi all’orizzonte di un mondo inconsapevole preda dell’antropocene: gli istanti umani, già fissati nella scultura o dalla fotocamera, continuano a osservarci inquieti da queste tavole, isocromatiche elusioni dello scorrere del tempo, ipnotiche allusioni al suo, e nostro, incommensurabile, inconsapevole, irrisolto agire sulle stesse nostre vite.
Beffardo, al nostro avvicinarsi, il sorriso del Joker allude dal pallore dell’incarnato di Benedetta, per svanire, ipnorealistica illusione, quando l’immagine sia osservata da una distanza di alcuni metri.
Luca Muscarà
In collaborazione con
Arte.it