Generazione Instagram
Cosa succede quando una società che valuta l’apparenza più che la sostanza delle cose incontra un medium dominato proprio dall’immagine?
Questa la domanda che si pone Zander Nethercutt→ giovane blogger che si occupa del rapporto tra società e nuove tecnologie.
Come premessa all’articolo l’autore chiama in causa il celebre Marshall McLuhan, studioso che più di ogni altro seppe interpretare i cambiamenti nella società della fine del secolo scorso.
La celebre frase “The medium is the message”, o “The medium is the massage” come recitava erroneamente il titolo del suo secondo libro, (del cui imprevisto spunto Mcluhan seppe abilmente approfittare) dovrebbe farci riflettere sul fatto che in realtà sono i media a modellare, plasmare, come fa un massaggio su un muscolo teso, la nostra società a tutti i livelli.
L’attenzione delle persone tuttavia cade più spesso sul contenuto del medium. Basti pensare che normalmente se portiamo con noi una bottiglia d’acqua siamo molto più portati a pensare all’acqua che al suo contenitore, quando è quest’ultimo che ci permette di bere ovunque e in qualsiasi momento.
Come i social media e internet hanno quindi “massaggiato” la nostra società? Il ventitreenne Nethercutt ripercorre la sua esperienza personale cercando di risalire alle origini della “cosmetizzazione” della vita, processo che Instagram pare aver influenzato e accelerato.
Il processo di “cosmetizzazione” o “estetizzazione” della vita quotidiana ha radici in un sistema educativo che premia l’immagine, la superficialità, promuove colui che sa mostrare di essere o di saper fare piuttosto che quello che è e sa fare. L’adagio: fake it ‘till you make it è il mantra che la generazione dell’autore ha imparato a proprie spese.
Negli anni della formazione le istituzioni hanno trasmesso all’autore e ai suoi coetanei l’ossessione delle apparenze. Ogni traguardo della vita risultava come una casella da spuntare per andare avanti nella competizione e potersi aggiudicare il primo premio: i corsi extra scolastici diventavano una cosa da fare per l’ammissione del college, i corsi avanzati al college, AP classes, venivano frequentati per trovare un buon impiego, i posti più esclusivi venivano visitati per gli argomenti di conversazione che potevano fornire. Nulla risultava più autentico e spontaneo.
In seguito Instagram ha preso tutto questo e lo ha fatto suo, è arrivato come una scintilla accanto alla dinamite, afferma Nethercutt.
Dopo l’esplosione di questo social si sono creati anche degli strani cortocircuiti, come i Finsta, profili creati da utenti reali per infrangere tutte le regole del medium.
Foto scattate senza sforzo in atteggiamenti quotidiani e noiosi e una gran dose di autoironia hanno fatto presto il successo di questi contenuti che hanno creato un alto tasso di engagement tra gli utenti, in particolare tra i teenagers. Come era prevedibile anche questo fenomeno di contro-tendenza e ribellione si è dovuto piegare alle regole di Instagram, questi contenuti sono stati etichettati e decifrati nonché utilizzati a scopi commerciali perdendone l’originaria naturalezza.
Questo tentativo di creare un contenuto autentico, per certi versi un urlo di ribellione di una generazione cresciuta con l’assillo dell’apparenza, ha fallito e questo perché come diceva Mc Luhan “the medium is the message”, ed è impossibile inseguire l’autenticità attraverso Instagram.
Instagram non è certo il solo responsabile della deriva “cosmetica” e superficiale della nostra società ma di certo ha alimentato questo processo di progressiva “cosmetizzazione” della realtà.
Cambiare la società, sostiene Nethercutt, rimane un’impresa ardua, tuttavia ci rimane un arma contro tutto questo, cancellare il nostro profilo Instagram.
A cura di Martina Di Iulio