La campagna pubblicitaria che ha rivoluzionato la creatività. E non solo
“All of us who professionally use the mass-media are the shapers of society. We can vulgarize that society. We can brutalize it. Or we can help lift it onto a higher level”. (Bill Bernbach)
Prima di lui, la pubblicità era un business, trattata da uomini di vendita con lo spirito degli imbonitori. Obiettivo? Conquistare clienti e incrementare il billing della propria agenzia di pubblicità, senza guardare tanto per il sottile. Dopo di lui, cioè Bill Bernbach e la sua rivoluzione creativa, il mestiere del pubblicitario, a dispetto di Jacques Séguéla, ha acquisito una dignità professionale.
Ugly Is Only Skin-Deep è la storia di una campagna pubblicitaria che ha rivelato al mondo il genio di un uomo che ha avuto il coraggio di non piegarsi ai diktat di Madison Avenue, motivando un team di talenti illuminati dall’idea che il pubblico dell’advertising ha un cervello e lo sa adoperare, sapendo distinguere la spazzatura dalla buona comunicazione.
Ironia, leggerezza, senso dell’umorismo, understatement, intelligenza: chi avrebbe allora, alla fine degli anni ’50, soltanto pensato che la pubblicità potesse consistere in idee brillanti e trattamenti grafici di gran classe? Ma la rivoluzione creativa di Bill Bernbach ha potuto sprigionare il suo potenziale innovativo soltanto dopo l’incontro con un cliente speciale, il produttore di un’automobile simile a un bacarozzo (il beetle), fuori dai canoni delle esagerate vetture made in U.S.A., quelle di Detroit, e per di più retaggio della Germania nazista.
Già, la Volkswagen, voluta da Hitler per motorizzare il popolo tedesco e progettata da Ferdinand Porsche: tecnologia d’avanguardia per la razza ariana. Ed è singolare, in fondo, che la DDB prima agenzia non WASP di New York, animata dallo spirito yiddish dei uno dei suoi fondatori, Bill Bernbach, e di altri suoi collaboratori, come Julian Koenig e Leo Sirowitz, per esempio, abbia decisamente contribuito al successo del Beetle (da noi, Maggiolino) nel mercato americano, lavorando sui punti di forza dell’integrità, dell’onestà e della franchezza.
In questo libretto, soprattutto grazie alle interviste ai protagonisti di quella stagione, Dominik Imseng ci svela diversi retroscena e soprattutto la genesi di una campagna pubblicitaria rivoluzionaria L’annuncio “Think small” è citato in tutti i manuali di pubblicità, il format elaborato dall’art director Helmut Krone, basato su un layout pulito, sull’impiego del carattere Futura e sulla stretta collaborazione con il copywriter hanno dato il là ad un modo fare comunicazione autenticamente rivoluzionario.
Gli annunci basati sulla ripetitività della Unique Selling Proposition e su una concezione del pubblico come popolo bue erano resi obsoleti dalla freschezza creativa e dall’ironia del trattamento di un concetto pubblicitario, fondato su una strategia brillante e semplice al tempo stesso, e per questo rivoluzionaria: dire la verità.
Vale la pena leggere questo libro, non soltanto perché ci illumina su un periodo irripetibile, quello della età dell’oro della comunicazione del ‘900. Soprattutto, direi, perché un poco ci consola, constatare quanto abbia pagato la volontà della coerenza nell’onestà e nella franchezza. Non è poco, considerato il nostro tempo.
Adriano Lubrano